Scrivo in ritardo di quindici giorni, avrei voluto aggiornare il blog gli
ultimi giorni prima del ritorno in Italia il 25 aprile ma gli ultimi giorni,
dopo aver messo a terra la barca al Riverside Marina di Fort Pierce, sono stati veramente impegnativi;
siamo anche riusciti a farci fare il survey dall’assicurazione contattando direttamente il perito che lo stava facendo ai nostri vicini canadesi e devo dire che
l’Africa Queen si e’ classificata “fair” e per una barca della sua eta’(1986) e’ un gran
bel risultato!
Comunque andiamo in ordine, cerchero’ di riassumere brevemente gli episodi
positivi e negativi che hanno caratterizzato gli ultimi venti giorni in
Florida.
Ecco prima un po’ di foto di Fort Lauderdale che abbiamo lasciato domenica 7 aprile rifacendo il percorso dell’Intracoastal
Waterway con i suoi 19 ponti perche’ l’idea di uscire in oceano e rientrare a
Palm Beach era impossibile in quanto c’era troppa onda (all’alba siamo andati a piedi a controllare la situazione dell’oceano).
uno dei tanti canali che passano in citta': Fort Lauderdale e' chiamata la Venezia americana
servizio trolley: esistono due linee che collegano i punti principale della citta', 50cent la corsa, 2$ il day pass
dall'altra parte della citta' dopo aver attraversato il ponte di Las Olas sulla ICW c'e' il mare:
Franzie ha gradito moltissimo questa sabbia per la sua cassetta
la stessa spiaggia quando c'e' in atto un temporale
Si passa il primo ponte ovvero Las Olas,
dove siamo stati ormeggiati per tanto tempo in Febbraio, alle 7.45. Il percorso
e’ Ok a parte due piccoli scrosci di pioggia e quattro attese di apertura. Alle
7.00 pm diamo l’ancora a Lake Worth.
Las Olas bridge: in questo caso vivere sotto un ponte e' piacevole
Southward: visione verso l'inlet di uscita in Oceano
Il giorno dopo abbiamo appuntamento con il nostro amico Rosario che non
vediamo dall’estate 2008, che emozione! Ci spostiamo quindi di poche miglia e
di due ponti al Soverel marina di Palm Beach Garden. Siamo cosi’ emozionati
dall’incontro che ci dimentichiamo di scattare le foto. Ceniamo in barca: e’
una delle prime sere che si puo’ stare in pozzetto a farsi l’aperitivo. Rosario
e’ l’artefice di tutta la pasta che si serve nella catena italiana Carabba,
fra queste i ravioli all’astice che
mangeremo due settimane dopo da Carabba a Fort Pierce. E’ arrivato in Florida
per una conferenza sulla pasta a Palm Beach.
domenica 21 Aprile da Carabba a Fort Pierce a celebrare i ravioli di Rosario
"lobster ravioli" di Rosario (ex-geologo, ora uno dei maximi experti di pasta negli USA:
notare il ripieno con il pezzo di astice in primo piano, i cubettini che danno colore alla salsa al
vino bianco sono di pomodorini freschi
e ritorniamo a noi....
Il programma successivo sarebbe stato di muoversi il mercoledi’ per
ritornare nella baia di Lake Worth e fare due/tre giorni con il gommone ma
Arnaldo si lascia convincere dalle previsioni del tempo ma soprattutto da una
diminuzione di pressione segnalata dal barometro per cui restiamo al Soverel
nonostante il mio disappunto e facciamo alcuni giri a piedi e in gommone pero’
i giri sono limitati non paragonabili a quelli che puoi fare nel River di Fort Lauderdale
o a Vero Beach.Insomma anche i posti piu’ belli se ti fermi troppo vengono a
noia. Grosse perturbazioni non se ne vedono a parte ogni tanto qualche scroscio
di breve durata.
Ripartiamo il lunedi’ mattina 15 aprile, ci sono sempre 47 miglia da fare e
anche nel manuale degli ancoraggi di Susan e Chuck per il nostro pescaggio non
ci sono ancoraggi fra Palm Beach e Fort Pierce.
Incontriamo la coda di due piccoli temporali locali ma poi la navigazione e’
tranquilla: non ci sono motoscafi, bisogna solo stare attenti alla corrente che
spinge la barca fuori rotta dall’asse del canale.
A Nord comincia a formarsi un grosso temporale, il vento cade e pensiamo di
riuscire ad arrivare nel marina prima che si scateni.
Appare stazionario, per
oltre tre ore rimane imponente e nero all’orizzonte senza dar segno di mettersi
in moto. Davanti a noi un rimorchiatore spinge una grossa chiatta piena di
sabbia e ancora piu’ a Nord vediamo una vela canadese, sono ambedue poco piu’
lente di noi e raggiungiamo la chiatta. E’ a questo punto che rallenta quasi a
fermarsi.
Con orrore vediamo la barca canadese scomparire letteralmente in una
nera nuvola di pioggia e, quasi contemporaneamente, diritto sul naso arriva un
fortissimo colpo di vento, oltre 40 nodi. Tempo di mettere la cerata e anche il
rimorchiatore scompare nella nube di vento e pioggia. Vediamo solo a una
cinquantina di metri delle ombre confuse, le paline dell’intracoastal,
indispensabili per mantenere la rotta sono scomparse, sia quella a prua, sia
quella a poppa. La barca canadese, che avevo visto accostare per tornare
indietro la vedo filare alla mia sinistra, come una macchia scura, i pannelli
solari di poppa e il bimini la tengono coricata 50 gradi sull’acqua che sale in
coperta a meta’ dei candelieri. Lentamente, malgrado il vento, ci avviciniamo
al rimorchiatore che ha grossi problemi a tenersi nel canale, anche noi viriamo
e torniamo indietro, fidandoci della bussola, con una rotta a 180 gradi dalla
prua precedente.
Appena iniziamo la manovra anche l’ Africa Queen si corica
sull’acqua, ma risponde subito al timone e raggiunta la nuova rotta si raddrizza.
Il portello e’ rimasto aperto e la pioggia, fortissima entra in quadrato. Maria
Grazia, vestita leggermente, trema di freddo ed e’ completamente bagnata,
rientra in barca a cambiarsi ma prima, eroicamente lottando contro il vento
fortissimo, gocciolando acqua dai capelli e dai vestiti, chiude il portello. Uscira’, dressed to kill, con cerata e stivali
dopo 5 minuti, malgrado io sia contrario, per godersi la burrasca. Il mare e’
appiattito dal vento e continuiamo a virare ogni 5 minuti per mantenerci al
centro del canale con rotte, alternativamente, 180 e 360 gradi.
Ogni volta la
barca si corica sull’acqua e, ogni volta, obbediente, si raddrizza. Tutto dura
forse un’ora, poi finisce in un secondo, come era cominciato lasciando i colori
brillanti del mare appena lavato. Entriamo nel marina, ancora con le cerate
addosso. Nel marina hanno passato, anche loro, brutti momenti, un fulmine ha
bruciato le antenne radio e le barche ormeggiate sono andate a sbattere contro i
piloni del porto. Ci guardano, gli occhi pieni di paura, ammirati, come fossimo
dei fantasmi. Minimizziamo, come si usa in questi casi, e ormeggiamo. Sono le
4.00 pm, stendiamo i nostri vestiti fradici e dopo una lunga doccia calda ci
concediamo una super cena all’Harbour Cove restaurant, nel marina. Sono cosi’
fusa che ordino le oyster raw anziche’ steamed e un piattone di mahi mahi
,innaffiato da birra bluemoon che si serve con una fetta di arancia.
Ovviamente di tutta questa avventura non abbiamo fatto le foto:eravamo troppo impegnati a non far arenare la barca perche' fuori dal canale ci sono i soliti 3/4 piedi di profondita'...